Catechesi degli adulti

Catechesi degli adulti.

   gli apostoli

 

Un gruppo.

Gesù si incontra in modo profondo e personale con ognuno, ma poi è necessario un cammino insieme. Ha voluto lui un gruppo di apostoli, di discepoli che camminavano insieme a lui. Un gruppo che si formava con lui, piano piano. Un gruppo che capiva, sentiva, sperimentava, guardava, pregava insieme a lui. Un gruppo che lo seguiva, lo ascoltava, imparava da lui. Un gruppo che aveva lui come modello, guida, riferimento, centro. Un gruppo che insieme a lui realizzava il progetto di Dio.  

Un gruppo che formava una nuova famiglia. Una famiglia non di sangue o di carne. Una famiglia unita nello spirito Santo. Una famiglia nuova, dove tutti sono fratelli, dove tutti sono figli del Padre nei cieli.

Gesù ha fatto queste cose, ci ha insegnato cosa fare e come fare, perché le facessimo anche noi. La catechesi è quindi un cammino insieme. E’ un percorso in cui si cerca di capire, ma ancor più di sentire e di vivere, in cui si sperimenta  il Signore. Insieme. Perché il Signore è presente quando due o più si riuniscono nel suo nome.

 

Un luogo.

Si propone un’esperienza, chi vuole, la fa. Si annuncia una occasione nuova, un luogo nuovo, un posto, scelto, voluto, deciso dalla parrocchia, nella parrocchia,   della parrocchia. Un fare Chiesa, un essere Chiesa, insieme. Senza sigle, senza stemmi, senza appartenenze a movimenti specifici.  Un luogo dove va  chi vuole capire di più, chi vuole incontrarsi, parlarsi, condividere la fatica di tutti giorni alla luce del Vangelo. Chi vuole cercare, ritrovare la propria fede, perduta, dimenticata, venduta, plagiata, fagocitata dal mondo. Chi vuole vivere la vita buona del Vangelo.

 

Un centro.

Un gruppo anche di poche persone. In una stanza tranquilla, protetta, accogliente,  tutti seduti su delle sedie disposte in circolo.   Perché siamo tutti uguali. Tutti insieme in un circolo completo,  siamo sullo stesso livello, e uniti l’uno all’altro. Simbolicamente non ci sono parti spezzate, divise, isolate, relegate, separate. Tutti facciamo un tutto unico, unito, intero. Tutti insieme anche il sacerdote e il consacrato, fanno parte del gruppo che cammina. Tutti camminiamo insieme a Gesù, tutti abbiamo bisogno di fare un percorso insieme, tutti abbiamo bisogno di camminare insieme sulla strada di Gesù, con Gesù, guidati da Gesù. Un cerchio quindi, senza tavoli, solo con le sedie. Perché non ci devono stare ostacoli,  muri, paraventi. L’uno di fronte all’altro.

Un cerchio perché al centro c’è la cosa più importante, quello che  unisce: il Signore. C’è Dio, la SS. Trinità. C’è  il Padre che ci ama, c’è Gesù che ci guida,  e lo Spirito Santo che ci illumina, che ci spiega, che ci  rivela. La Santissima Trinità al centro, prima di tutto, nonostante tutto, sopra a tutto.

 

Come Gesù.

Come Gesù, anche tutti noi che facciamo parte del gruppo, dobbiamo scendere. Scendere dall’alto della nostra presunzione. Scendere dall’idea di capire tutto, di sapere tutto, di non avere da imparare nulla. Scendere dall’alto della nostra cattedra. E come Gesù dobbiamo entrare nella piccolezza, nella povertà, nella semplicità, nell’umiltà. Perché lui è lì,  e solo lì lo troviamo,  solo così lo annunciamo.

Non andiamo nel gruppo con il nostro programma, con la nostra bella lezione, con le nostre belle parole pronte, copiate, impostate da altri, pensate da altri. Non preoccupiamoci di dire il meglio, il tutto, il perfetto, il preciso. Non concentriamoci sulla nostra prestazione, non ricerchiamo la nostra esibizione.

Come Gesù passava per le strade nella vita concreta delle persone, anche noi dobbiamo portarlo di nuovo sulle strade, nella vita delle persone. È alle persone che dobbiamo guardare. Loro sono il nostro libro, la nostra lezione, il nostro programma. La loro vita concreta, la loro strada, la loro fatica,  il loro dolore.  Dobbiamo  passare su quella strada, percorrerla, con Gesù, con umiltà, con semplicità, con verità.

 

Modalità   che il gruppo può scegliere di volta in volta, o una dopo l’altra  o  in modo sistematico:

 

  1. Dalla vita al Vangelo.
  2. Dal Vangelo alla vita.
  3. Contenuti della fede.

 

 

 

 

 

 

L’evangelizzazione

L’evangelizzazione.

risurrezione10

Che cosa è?

 

L’evangelizzazione parte dall’esperienza con il Cristo risorto,  si basa sull’esperienza di Cristo risorto. Come Giovanni e come Maria e come gli apostoli, innamorati di Dio,  che vengono mandati ad annunciare al mondo la resurrezione e la salvezza.

È necessario tornare a  evangelizzare, a far conoscere la buona notizia. A testimoniare, a trasmettere la buona notizia, con la mente, ma ancor più con il cuore e con l’anima. A lasciar passare l’autore, il protagonista, dell’evangelizzazione. Che è lo Spirito Santo, lo Spirito di Dio, Dio stesso. È Dio che si vuole dare, che si vuole far conoscere, che vuole raggiungere i suoi figli.  È Dio che ci chiede di fare da ponte. È Dio che ci chiede le nostre mani, i nostri piedi, il nostro cuore, per arrivare, parlare, portare Lui. Per risanare le ferite, per consolare gli afflitti, per riscaldare i cuori. Per asciugare le lacrime. Per ritrovare  il Padre originario. Dio ha bisogno di noi. Noi dobbiamo rispondere a questo richiamo, a questo invito e dobbiamo andare. Questa è l’evangelizzazione.

L’ evangelizzazione conserva integra l’essenza dell’annuncio,  ritorna all’essenza dell’annuncio. Ma nello stesso tempo sa arrivare al cuore alla mente della gente, delle persone. Sa rispondere alle domande, alle difficoltà dei tempi e dei luoghi.  Fa vivere la fede nella gioia, nell’amore, nell’unità.   Perché ha  le sue radici nel Vangelo, nella parola di Gesù, in Gesù.

Bisogna ripartire daccapo. Le persone devono ritornare a conoscere l’annuncio. In particolare gli adulti e i giovani.

Catechesi quindi degli adulti, dei genitori, e dei giovani.  Attuando un metodo che si basa sul Vangelo, sul metodo di Gesù che è il vero, unico e solo maestro. Gesù è il metodo vivente.

 

Una catechesi  che  mette in pratica  il documento della CEI:  Educare alla vita buona del Vangelo.

 

 

 

 

Formare alla carità

Formare alla carità.

SanPaoloGuarisce

 

 

 

Dobbiamo fare quello che faceva GesùGesù incontrava i malati, le persone sole, tristi, povere,  per consolarle per sollevarle, per sanarle. Senza l’incontro con il povero e  il malato, la fede non è fede.   E’  regola, è abitudine, è apparenza, è compromesso. Senza l’incontro con il povero e il malato, il Signore non passa. 

Se  chi soffre  si sente accolto in modo gratuito, sincero, senza averlo chiesto, sente che veramente  lo sta cercando Dio. Perché è Dio che parte per primo. È Dio che ama per primo. E noi lo dobbiamo testimoniare così. Non si deve aspettare che il malato ci chiama.  Lui non lo fa per non sentirsi dire  di no.  Per questo dobbiamo andare noi a cercarlo, dobbiamo decidere noi di andare a trovarlo.

 

Andare a due a due, come gli apostoli, in segno di comunità, per aiutarsi. Due adulti o due giovani che possono prendere  in adozione un malato, che seguono, che custodiscono, come un fratello. Dobbiamo fargli sentire che  lui è nel nostro pensiero, è nel nostro cuore. Deve sperimentare che il suo dolore è prezioso, è la nostra ricchezza, è il nostro tesoro,  è  Dio tra di noi.

Chi sta per morire    in particolare, deve sentire, deve vedere, che la comunità è presente. Non può morire senza l’abbraccio di qualcuno. Non può morire senza qualcuno che gli porta Dio, che gli parla di Dio, che lo prepara all’incontro con Dio. Non si possono far morire le persone senza sacramenti, senza un sacerdote,  senza la confessione e l’estrema unzione, che aiuti, sostenga nel dolore, nella angoscia per la malattia e per la morte.  

 

Bisogna impostare una rete, un sistema che accolga e dia priorità a questo. Bisogna pensarci prima.

Siamo bravissimi a organizzare funerali, siamo presenti tutti ai funerali. Dopo la morte. Ma conta esserci prima. Prima la persona è viva, prima possiamo fare ancora qualcosa. Possiamo essere con lei,  Chiesa, uniti, per  portarla  in Paradiso. 

 

 

 

 

 

 

 

L’ annuncio

  Annuncio degli adulti agli adulti

MasaccioTributo

 

 

 Gli adulti e i giovani nel gruppo della catechesi si sono formati. Hanno fatto esperienza di Dio, lo hanno vissuto insieme,  nella parola, nella vita e nei sacramenti. Ora sono diventati a loro volta innamorati di Dio. Ora lo Spirito Santo riempie anche il loro cuore e trabocca e si espande al di fuori e passa agli altri. E annuncia il Signore.   È lo Spirito Santo che lo annuncia attraverso di noi. Noi siamo il ponte, i piedi, le braccia, le mani, la voce, il cuore, ma è lui che parla di Dio agli altri cuori. È lui che lo annuncia. È lui che lo rivela. È lui che lo testimonia.

Cosa possiamo fare per essere ponte?  Come ci ha  detto Gesù. Come faceva lui. 

 

Con la propria vita.

Se non s’incarna nella mia vita, lo Spirito Santo non è mai entrato. Se non diventa fatto, opera, azione, non è mai passato. La gente guarda quello che faccio e come lo faccio. Quello che faccio, è la prova del nove della fede. È la verifica, è la conseguenza della presenza reale di Dio. Fare come Gesù. Decidere, scegliere, agire, come Gesù, veramente, concretamente, totalmente. Se non ci sono i fatti, le parole rimangono vuote e anche il cuore mio e degli altri. Non toccano il cuore mio e degli altri. Rovinano il cuore mio e degli altri.

 

 Insieme.

Da solo non ce la faccio. Almeno in due, perché due sono i testimoni che garantiscono una verità. In due ci si aiuta, ci si confronta, ci si sostiene. Meglio in gruppo, come comunità, come popolo di Dio, come Chiesa.  Insieme a  un sacerdote o di un  religioso. Insieme e  sostenuti dalla  chiesa locale e  diocesana.   Andare insieme per le strade, in mezzo alla gente, come Gesù con gli apostoli.

 

 Uniti.

Amarsi veramente, aiutarsi veramente. Come figli dello stesso Padre, come fratelli della stessa famiglia di Dio. Condividere la fatica, il dolore, le difficoltà. È l’amore tra di noi,  che ci fa riconoscere discepoli di Cristo. È l’amore, l’unione, la compassione tra di noi, che ci fa annunciare Gesù Cristo. Allora annunciamo il corpo mistico, ripieno dello Spirito Santo.  Allora la gente che ci guarda, si sentirà attratta dalla realtà che viviamo. Perché vede in quella realtà una dimensione divina. Perché sente in quella realtà,  la presenza viva di Gesù Cristo risorto,  che  attrae a sé  tutte le cose. È lui che la chiama, è lui che la accoglie, è lui che la ama.

 

 A fare.

Insieme a fare quello che faceva Gesù. Ad annunciare la salvezza agli ultimi, ai più piccoli, ai più dimenticati. A trovare negli istituti,  i malati che non hanno più nessuno. I bambini dimenticati,  anche dai loro genitori. Gli anziani rifiutati, isolati, accatastati, come se fossero già morti. A trovare carcerati,  che non ricevono  nessuna visita. A difendere chi ha subìto un’ingiustizia. A casa delle persone sole, abbandonate. Negli ospedali a trovare quelli che non hanno nessuno che li aiuta. A portare il cibo, vestiti, a persone povere che non li chiedono. A donare alle persone umili,  delle cose che ci appartengono. A  sostenere i bambini disagiati. A prendersi cura dei  bambini  malati. A lottare con forza per la giustizia, la solidarietà e la cura dei poveri, dei deboli e dei malati. Per portare scuole, lavoro, case dignitose, nelle zone emarginate.

 

 Pregare.

Pregare insieme. Come gli apostoli con Gesù. Pregare il Padre con Gesù. Pregare davanti a Gesù Eucaristia. In silenzio. In un silenzio pieno del battito del proprio cuore. In un silenzio dove i battiti di tutti i cuori insieme,  parlano a loro Dio, cantano e danzano insieme, per il loro Dio. Pregare nelle chiese, di notte. Ma anche fuori della chiesa, come segno, come presenza di Dio nel mondo. Nelle spiagge, nelle piazze, nei giardini, nella casa di un malato, nella casa di riposo, nell’istituto per bambini, nelle carceri, nei centri delle donne violentate, nei gruppi degli alcolisti, nelle comunità per tossicodipendenti, nel centro per anziani, nella fabbrica, negli istituti di pena per minori.

 

Portare.

Nei loro modi. Nel loro luoghi, nei loro interessi. Parlare il loro linguaggio, per farsi capire. Come faceva Gesù che usava le parabole e i simboli. Proporre argomenti  di spiritualità,  dimenticati, negati, rifiutati dal mondo.   Come: anima, fede, Dio, Gesù Cristo, vita eterna, paradiso e angeli, dolore e malattia,  amore  e fedeltà, giustizia e dipendenza, verità e falsità, povertà e ricchezza, umiltà e dominio, essenza e apparenza, coppia e matrimonio, castità, vocazione.  Discuterli  insieme  con l’aiuto e l’assistenza di un sacerdote o di un religioso o di un teologo. E poi rivederli  alla luce della parola di Dio. Illuminati dalla parola di Dio. Vivificanti da Dio. Come dono di Dio. 

 

 Presentarli con:

  •  Mostra.    Una mostra di foto o di video su quell’argomento. Una mostra di disegni, pitture, sculture.  Una mostra di poesie scritte su quel tema.

 

  •  Letture.  Un incontro  dove viene proclamata la parola di Dio. Salmi o Vangelo, che si riferiscono a quell’argomento. Nel posto che lo riguarda.  Dove vengono lette poesie sull’amore di Dio. Racconti di fatti della Bibbia. Raccontare i fatti del vecchio testamento, in modo semplice, chiaro e anche con immagini,  in  diapositive proiettate. E poi fare una discussione in gruppo di quello che è stato recepito.

 

  •  Scritti.   Invitare le persone a scrivere una lettera a Dio, sull’argomento proposto.   Invitarle a scriverla  tutte le volte che ne hanno bisogno.   Ad entrare in una relazione vera e concreta con Dio.   Ad aprire il proprio cuore a Dio.  Con una lettera.  Anche  con un diario   dove  scrivere  ogni giorno  a Dio Padre.  Raccontare ogni giorno a lui quello che ci succede nel cuore. Dove mettere tutti i movimenti del cuore per lui, verso di lui, in lui.  Un luogo, un posto, dove ritrovarsi in lui  alla fine del giorno.   Le lettere a Dio possono rimanere private. Ma se qualcuno volesse una risposta o  delle preghiere,  si  può  organizzare una rete di religiosi, religiose,  conventi , consacrati, sacerdoti,  direttori spirituali, che sono disponibili ad accogliere  le  lettere e  a rispondere.  Che sono disponibili a una  paternità e a una maternità spirituale.

 

  • Cineforum .   Con un film su un argomento. Puoi aprire una  discussione in gruppo. Per  capire il significato, i simboli, il messaggio, l’esperienza emotiva individuale e collettiva.

 

  • Teatro.   Proporre uno spettacolo teatrale, con un video , su un argomento della Bibbia o del Vangelo. Vedi: Teatro biblico.  Discutere insieme l’argomento e il messaggio per sé e per il mondo.

 

  •  Gioco.    Andare in un pub e divertirsi in modo semplice spontaneo. Dimostrare come ci si può divertire modo semplice e spontaneo, con giochi semplici, scacchi, dama, shanghai. Senza bere alcolici. Cantare suonare insieme canti simpatici, belli, gioiosi e spontanei. Canti e musica pieni di ritmo, ma anche melodici. Portare le chitarre, violino, tastiera e cantare. Suonare il sottofondo di una poesia con contenuto spirituale profondo, che parla di Dio e con Dio.

 

  • Canto e musica.  Inventare un canto nuovo, con musica nuova, con le parole del Vangelo. Con le parole di una poesia a Dio, con le parole di una preghiera a Dio. Con musica in sintonia con l’esperienza, immersa nell’esperienza dei giovani. Canzoni nuove su musica rock, rap, break dance, anche da danzare. Quel contenuto così, entra, insieme al ritmo, nel cuore.  Entra nella vita concreta. Non si perde.  Non si dimentica più.

 

  •  Danza.   Danzare un nuovo ballo, con movimenti nuovi,  adattati a lodare il Signore. Accompagnati con della musica di un DVD, con contenuto religioso. Inventare una danza nuova, con nuove mosse di gruppo. Muoversi insieme come gruppo. Danzare cantare insieme, un inno di gloria al proprio Dio. Come un gospel. Si può fare anche in una piazza, nei giardini pubblici, i ragazzi che passano, si possono associare. Si può fare in una casa di riposo, e gli anziani possono ballare. Si può fare con i bambini, e insegnargli a lodare con il corpo, con il canto, con la gioia,  il loro Signore. Poi suonare qualcosa insieme.

 

  • Oggetti e libri.  Proporre un luogo fisico fisso o mobile, dove si vendono oggetti religiosi. Un posto,  dedicato a Dio, che parla di Dio.  Statue,  immagini, dipinti, quadri, collane, tutto con soggetti religiosi. Libri, con argomenti spirituali. Un posto dove si possono portare le iniziative.  Proposte di incontri,  proposte delle mostre, proposte di canti e musica religiosa in CD e DVD. Filmati, video, film, con contenuti religiosi. Video delle esperienze fatte dal gruppo. Video  elaborati dal gruppo su alcuni  argomenti di vita concreta. Pubblicità di blog e di twitter del gruppo.

 

  • Blog e internet.   Fare un blog su Internet, in cui si mettono tutte le iniziative e tutte le esperienze del gruppo. Le esperienze spirituali. In cui si propone di fare un cammino, un percorso come il proprio gruppo. In cui si propongono anche altre possibilità con gli altri movimenti. Dove si possono  vedere i video delle esperienze fatte dal gruppo. I video  elaborati dal gruppo su alcuni  argomenti di vita concreta. In cui si spiegano le iniziative più importanti della chiesa e i contenuti più importanti della fede. 

 

  •  Twitter.    Creare un gruppo collegato, organizzato, dove si passano contenuti solo spirituali. Le iniziative del gruppo, della parrocchia. Anche quelli del papa e della Chiesa.

 

  • Internet.   Fare un sito per collegare tutte le iniziative della diocesi sui giovani, per farle conoscere anche a tutti gli altri. Mettere tutto in rete, per confrontarsi, per aiutarsi, per sostenersi, arricchirsi. Creare unità,  nella diversità. Fare un altro sito specifico per gli adulti. Riguardo le famiglie, le coppie, il lavoro, l’immigrazione. Mettere in rete, collegare, riunificare, organizzare, tutte le iniziative riguardanti la solidarietà, la cura della povertà, della malattia, e dell’emarginazione. Per poter riportare anche le notizie più recenti e più importanti al riguardo. E le notizie buone.

 

 

 Celebrare.

Celebrare la messa insieme a tutti quelli che hanno vissuto quella particolare esperienza. Invitarli a incontrare direttamente il Signore. Se possibile anche sul posto. Nel carcere, nella casa di riposo, nell’istituto, nella fabbrica, nella casa del malato, nella comunità, nella casa famiglia, nella palestra. Allora il Signore rimane in quel posto. Il Signore santifica quel posto, quel momento, quei cuori.

 Allora passa  l’annuncio della salvezza incarnata. L’annuncio che il Figlio di Dio è  venuto sulla terra, per salvare tutti gli uomini e riportarli al Padre.