La Confessione

La confessione.

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Cosa è il peccato.

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La fede è dire di si, a Dio.

Come quando dici a un amico, “Si, sono tuo amico”.   Dopo ci stai insieme, ci parli,  lo vedi sempre.  Così con Dio.  Ci stai insieme sempre,  gli parli, gli dici quello che senti.  Quello che pensi.  Gli vuoi bene.

Ecco,  il peccato è  un’offesa che gli fai,  un tradimento.

 

Peccato veniale.    È quando  l’offesa  è piccola e non rompe il rapporto.  Rimani amico.   È come una ferita piccola a un dito.    Non fa tanto male, e guarisce.

Peccato mortale.    È quando l’offesa è grande.  Si chiama mortale, perché fa morire l’amicizia.  Fa morire il rapporto.  Lo rompe, lo spezza.   E fa morire la tua anima.   È come una coltellata al cuore.  Lo divide, lo spacca, lo spezza.      E taglia anche il legame con Dio.   Non sei più unito a lui.  Non sei più, con lui.

 

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Non è Dio che è andato via.  Sei tu che sei andato via da lui.   Non è Dio che ti rifiuta. Sei tu che hai rifiutato lui.  Tradito lui, con il tuo peccato.  Cancellato lui, dalla tua vita.

 

 

 

 

Quale è il peccato.

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Dio ha fatto un’alleanza con il suo popolo,  e anche con te.   Un patto. Come un patto di amicizia.   Che ha 10 parole importanti dentro.  Se non le vivi, se non le vuoi, se non le fai, il patto si rompe.     L’amicizia si rompe.    E l’amico non è  più amico.    E Dio non è più tuo Dio.      Le 10 parole  sono   il Decalogo,  i dieci Comandamenti.      Il peccato è  non rispettare Dio,  e la sua  parola.    È  non rispettare i patti.      Ed è la rottura del patto.   (Vedi  Comandamenti).

Le leggi di Dio sono scritte nel cuore da sempre.  Sono le leggi del cuore.   E ti fanno stare bene  il cuore.

Poi Gesù,  il Figlio di Dio, ti ha dato il nuovo comandamento. “Ama Dio con tutto il cuore  e il prossimo come te stesso”.  L’amore conta.   La mancanza di amore, il rifiuto dell’amore di Dio e dei fratelli,  fa male.    Il male che esce   dal tuo cuore  offende.    Dio, i fratelli, e te stesso.   (Vedi  Comandamenti).

 

Peccato mortale.      Se ci sono  tutti e tre:

  • Materia grave.   Offesa grave.  Contro Dio,  e contro il prossimo.  Contro i Comandamenti di Dio.
  • Piena avvertenza.      Sei in grado di capire.   Sei in grado di ragionare.  Ti rendi conto.  Hai coscienza di quello che fai.    Lo sai.
  • Deliberato consenso.    Hai la capacità di scegliere.    Sei in grado  di decidere.   Puoi decidere.   Lo vuoi.

 

Peccato veniale.        Se c’è  uno  di questi due:

  • Materia non grave.   Offesa piccola.  
  • Non c’è piena avvertenza e  deliberato consenso. Non  avevi la capacità di renderti conto.  Non eri cosciente.    Non avevi la possibilità,  e la capacità di decidere.

 

 

Sacramento della confessione.

Pentimento.

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Se il rapporto con Dio si è rotto.  Non bastano le scuse, non bastano le parole.  È il cuore che conta. Come per l’amicizia.

 

 

  • Se il tuo cuore è finto, se la scusa è finta,  anche il rapporto diventa finto.  E non torni amico.
  • Se il tuo cuore è falso.  Se ti interessa altro.  Se vuoi altro.  Non vuoi  lui.   E non torni amico.
  • Se il tuo cuore è vuoto.  Se non gli vuoi bene.  Se non ti importa niente di lui.  Se non c’è niente dentro, per lui.  Non ci sei tu,  e non c’è lui.   E non torni amico.

 

Conversione.

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  • Se l’offesa che gli hai fatto, non ti ha ferito. Se non ti fa male. Se non senti dolore.  Non sei pentito.
  • Se il buco che hai scavato e dove sei caduto, lo hai lasciato lì, aperto, coperto, nascosto.  E non lo hai riempito.   Non sei cambiato.  E non sei pentito.
  • Se ti sei puntato.   Se continui come prima e più di prima.  A fare la cosa sbagliata.   E non torni  indietro.     Se non hai girato.  Non sei cambiato.  E non sei pentito.

 

 

Riconciliazione.

La Confessione  si chiama anche   Riconciliazione,  perché è fare pace. Tornare amici.Tornare insieme.

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Dio Padre ti  ha sempre voluto bene.  Non ti ha lasciato mai.  Ti ha sempre aspettato nella sua casa.  È stato sempre alla finestra,  per vederti arrivare da lontano.  Ora ti vede e ti viene incontro.  Ti apre il suo cuore, ti apre le sue braccia. Sei suo figlio,  e sei  tornato. Ti aveva perso,  e ti ha ritrovato.

 

 

Confessione.

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È  inginocchiarti davanti a lui,  è ammettere la tua colpa.  È mettere il tuo cuore ferito dal peccato,  nel  cuore di Dio. Nelle mani di Dio.  Tra le braccia di Dio.   È lasciarti abbracciare da Dio.   È abbracciare Dio.     Ecco,  la misericordia   è il cuore di Dio,   sono le braccia  di Dio. 

 

 

Assoluzione.

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Ecco le mani consacrate del sacerdote, fanno scendere lo Spirito Santo. È lo Spirito di Dio,  che viene e ti porta Gesù.  Gesù   ti lava la macchia del peccato.   Ti libera, ti ripara,  ti guarisce dal peccato,  e da tutte le ferite che ti ha causato.   A te e agli altri.     E sei salvato.  E sei guarito.

 

 

Penitenza.

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Lo Spirito Santo, come un pittore,    fa diventare quella macchia una figura nuova,  una cosa nuova  che prima non c’era.   Un’opera d’arte.          E ti fa diventare nuovo,  e capace di riparare.     Anche con la preghiera.   Può arrivare lontano.  Può arrivare dappertutto.    Può tutto.

 

 

 

 

 

 

 

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I 10 Comandamenti

I  10  Comandamenti di Dio

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1.  Io sono il Signore, Dio tuo.

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È Dio.   È il tuo Dio.  Ti ha fatto,  e gli appartieni.    Sei suo.   E lui è tuo.    È il Signore.   È la cosa più grande che c’è.      E sta con te. Davanti a te.   E tu stai con lui.  In ginocchio davanti a lui.

Non è  il tuo Dio.   Quando non lo vuoi,  come è.   Quando  lo vuoi come dici tu, come pensi tu, come piace a te.  Quando te lo fai,  per te.    Quando lo rifiuti, lo neghi, lo rinneghi.   Lo cancelli dalla tua vita.  Quando lo dimentichi, lo abbandoni, non lo calcoli.   Lo escludi dalla tua vita.   Quando non ci credi.  Quando lo prendi in giro, e prendi in giro chi crede a lui.   Quando vuoi fare senza di lui.   Quando per te, Dio non c’è.  Neppure tu ci sei.

 

Non avrai altro Dio,  fuori di me.

II Commandment

 

È l’unico Dio. È un solo Dio. Non ce n’è un altro, come lui. Non ce n’è un altro, prima di lui. Dopo di lui. Più di lui.

Non  hai Dio.    Quando ti fai un altro Dio.  Quando al suo posto, ci metti un’altra cosa.   Quando la metti prima di lui,  più di lui,  sopra di  lui.    Quando la adori,  al posto suo.  Quando ti metti   al posto suo,  e vuoi essere adorato,  tu.  Quando vai fuori di lui,   a cercare un Dio che non c’è.     Vai contro  Dio.  E contro di te.

 

 

2.   Non nominare il nome di Dio invano.

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Il  nome di Dio, non è solo un nome.  È Dio.  La bestemmia è come, se lo insulti, lo attacchi, lo minacci.  È come un pugno chiuso verso il cielo.  Contro Dio.   È come uno sparo, verso il cielo.  Contro Dio.

Lo nomini invano.  Quando giuri in nome di Dio.  Quando spergiuri in nome di Dio. Quando bestemmi contro Dio.  Quando usi la bestemmia, per fare del male agli altri.  Quando usi la bestemmia,  per farti bello davanti agli altri.  Quando ridi della bestemmia. Quando ti vanti della bestemmia. Quando la insegni gli altri.  Quando ti arrabbi se non te la fanno dire.  Quando ti senti il padrone della bestemmia. E il padrone di Dio.

 

 

3.  Ricordati di santificare le feste.

3rd Commandment

 

La domenica è risorto Gesù.  È la festa di Dio. Consacrata  a Dio. Dedicata a Dio.       Stai con lui.   Vai a trovarlo nella sua casa.  L’eucaristia è la festa del paradiso.

Non le santifichi.  Quando non vai a messa.  Quando ci vai per forza, per finta, per interesse.   Quando non ci fai andare gli altri.    Quando prendi in giro quelli che ci vanno.  Quando vuoi levare Dio dalla domenica,   e fai lavorare anche gli altri.

 

 

4.   Onora il padre e la madre.

4th Commandment

 

È l’onore  che devi al padre  e alla madre.   Il merito di averti messo al mondo.  Senza di loro non ci  sei.    È riconoscere  il peso che gli spetta.   È dargli il posto che gli spetta.    Il posto d’onore.

Non li onori.  Quando li metti sotto i piedi.  Quando li comandi tu.  Quando li tratti come schiavi.  Quando li calpesti,  perché non ti ubbidiscono.   Quando li picchi,  con calci e pugni.   Quando li insulti  e li minacci.  Quando li ricatti.   Quando ti vergogni  di loro.

 

 

5.  Non uccidere.

5th Commandment

 

È far morire un altro.  È levargli la vita, che gli ha dato Dio.  È andare contro Dio.

Quando  uccidi una persona.   Un bambino che sta per nascere, con l’aborto.  Ma anche quando distruggi un amico, fino a fargli venire la voglia di morire.  Quando lo prendi in giro sempre, perché ti diverti a vederlo soffrire.  Quando gli uccidi il cuore.  Quando gli uccidi l’anima, perché gli levi Dio.

 

 

6.   Non commettere atti impuri.

6th Commandment

 

È   il rispetto per il corpo. Te lo ha dato Dio. È un dono di Dio. È sacro.   Il corpo dei bambini è ancora più sacro.  Il tuo,  e quello degli altri.  Lo devi trattare con amore,  e per l’amore. Lo devi mettere dentro l’amore.

Non lo rispetti. Quando lo usi solo per il sesso.  È la malizia. Quando vedi il corpo degli altri,  come un oggetto,  un uso,  un consumo per il piacere.   Quando il sesso conta più della persona.  Quando costringi una persona a farlo.  Quando la prendi in giro perché non lo fa.    Quando il sesso conta più di Dio.   Quando per farlo come ti pare,  cancelli Dio.

 

 

7.   Non rubare.

7th Commandment

 

È rubare le cose agli altri.  È levargli le cose, sue.  E portargli via, un pezzo suo.   È fargli come una ferita.  È fargli male.

Quando rubi i soldi.   Quando prendi una cosa a un altro,  che non è la tua.   Gliela prendi di nascosto. Gliela prendi con la forza. Gliela prendi con l’inganno.   Quando decidi  che le cose dell’altro, sono le tue.  Quando ti fai padrone delle cose dell’altro,  e gliele prendi quando vuoi.   Quando gli rubi il cuore.  Gli rubi la fiducia,  la dignità, il sorriso.    Quando gli rubi l’anima,  e gli porti via Dio.

 

 

8.   Non dire falsa testimonianza.

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È  la menzogna,  la falsità.     È andare contro la verità.           E andare contro Dio,  che è la Verità.

Quando dai la colpa un altro,  e lo sai che non è vero.  Quando inventi una cosa falsa,   per fargli del male.  Quando lo inganni, lo imbrogli,  e dici cose che non sono vere.  Quando la bugia,  le cose finte e le cose false,   contano più dell’altro.   E più di Dio.

 

 

9.   Non desiderare la donna di altri.

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È la gelosia.  È volere la donna degli altri.   È voler portare via la cosa più importante, a un altro.  È portargli via il cuore.  È svuotargli il cuore.   E svuotare il tuo.

È quando non rispetti la donna dell’altro.   Quando fai diventare la donna,  un possesso.   È quando tratti la donna, come un oggetto.   Da prendere, da usare,  da possedere.   È quando ti fai padrone della donna.   Della tua,  e di quella degli altri.   È quando avere la donna,   diventa più importante degli altri.     E di Dio.

 

 

10.   Non desiderare la roba di altri.

10th Commandment

 

È l’invidia.   È voler avere le cose degli altri, che non hai tu.  È non poter vedere le cose che hanno gli altri,  perché non le hai tu.   È portargliele via, con gli occhi.  È farle diventare negative, perché non le hai tu.  È mettere veleno nelle cose degli altri,  nel loro cuore e nel tuo.   È il veleno che fa morire il cuore degli altri,  e il tuo.

Quando non sopporti che un altro ha una cosa, che non hai tu.  Quando la cosa dell’altro la vuoi tu, a tutti i costi.   Quando decidi che l’altro non può avere la cosa, che non hai tu.  E gliela levi.  Quando pensi solo ad avere le cose come gli altri.    Quando le cose degli altri,  contano più di Dio.

 

 

 

 

 

I dieci Comandamenti. Pdf.    (Clicca sulla riga)

 

 

 

La Cresima

La Cresima  o Confermazione.

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La Cresima,  si chiama anche  Confermazione,  perché  è la conferma del battesimo.   È la conferma del tuo Si a Dio,  e del  Si di Dio,  a te.     È far diventare completo il battesimo.

 

 

Simboli.

Professione di fede.

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Nel battesimo il  Si a Dio,   lo hanno detto i tuoi genitori,  al posto tuo.   Ora che sei diventato grande,  lo devi dire tu.

È un  Si, lo voglio.   Lo voglio anche io.   Si, ci sto. Si, sono d’accordo, lo sottoscrivo.  Si, lo scelgo, mi prendo la responsabilità.    Lo firmo.   Lo confermo.

 

E ora c’è la conferma da parte di Dio.   Ora è lui che sceglie te.   Che conferma la scelta che ha fatto di te,  nel battesimo.

 

 

Imposizione delle mani.

1563 - Copia

 

Il Vescovo,  con le mani consacrate,   fa scendere lo Spirito Santo.   E impone le mani, su di te.   E lo pone, su di te.

E lo Spirito Santo viene,  su di te.   Ti copre con la sua ombra.  Ti ammanta, ti circonda.  Ti riempie.

 

 

L’unzione con il sacro crisma.

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Prima,  il tuo nome.    È il tuo  Si,  e ha il tuo nome.

Poi  il Vescovo ti mette l’olio crismale sulla fronte, a  forma di croce.  E dice:  Ricevi il sigillo dello Spirito Santo.

 

Quell’olio,  è l’olio santo.   È lo Spirito Santo.  Lo Spirito di Dio, in Persona.   Che si imprime in te.  E ti fa diventare santo.  E ti fa diventare  sacro.  Consacrato.  Dalla parte di Dio.  Dedicato a Dio.  Di Dio.

 

È il sigillo di Dio.  Il timbro di Dio.  La firma di Dio, su di te.  È la scritta, con il dito di Dio.  Incisa  con il fuoco dello Spirito Santo.

È l’orma,  l’impronta di Dio.    Che stampa il volto di Dio,  sulla tua fronte.   E ti fa riconoscere  suo.  Suo figlio.

È il sigillo di Dio.   Che ti sigilla in Dio.    Nessuno ti può più portare via,  da lui.  Nessuno ti può più separare,  da lui.

 

Con la forma di croce.   Ti fa entrare in Gesù.   Sei in Gesù, ora più di prima.   Stai dentro a Gesù risorto.    E con lui  e come lui,  puoi annunciare il Padre.    E con lui e come lui, puoi fare la volontà del Padre.   E salvare il mondo.

 

 

 

Come l’unzione dei profeti.

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Il profeta, scelto da Dio,  veniva unto con l’olio santo.   Facevano scendere sul suo capo,  l’olio santo.   E lo Spirito di Dio rimaneva su di lui.  E portava agli altri la parola di Dio.   Anche  i re e i sacerdoti  venivano unti  con l’olio di Dio,  con l’olio consacrato.     Anche tu sei diventato in Gesù  e con Gesù,    profeta,  re,  e  sacerdote, 

 

 

 

Come l’investitura del Cavaliere.

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Era un rito sacro.   Il candidato  si preparava e pregava prima.   Poi veniva investito,   consacrato cavaliere.

E gli veniva posata la spada benedetta,   per tre volte,  sul capo, su una spalla e poi sull’altra.    E sul tuo capo, si posa la mano del Vescovo,  e sulla spalla quella del padrino.

Poi gli davano uno schiaffo.   Perché nel corpo si doveva  imprimere quel momento sacro.    E il vescovo ti dà  un buffetto sulla guancia.

 

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Poi veniva vestito da cavaliere.   E gli davano l’armatura, la spada, la lancia, la cintura e il cavallo.  Anche tu sei diventato  un cavaliere.   Un cavaliere di Dio.    E lo Spirito Santo ti da quello che ti serve.   I suoi sette doni.

 

 

 

I doni dello Spirito Santo.

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  1.  Sapienza.    È come la spada del Cavaliere.     Che divide, separa,  distingue una cosa dall’altra.   Ti fa  vedere le diversità.   Te le fa capire.

 

  1.  Intelletto.         È come l’elmo,   che protegge quello che hai capito.   Che da la forza di capire di più. E di non fartelo portare via.

 

  1.   Consiglio.     È come la lancia che ti fa penetrare.  Entrare nel progetto di Dio.

 

  1.   Fortezza.     È come l’armatura che ti fa resistere al male.  Che non ti fa ferire dal male.  Che ti protegge.

 

  1.   Scienza.      È come la feritoia del castello.  Che ti fa vedere quello che gli altri non vedono.  Che ti fa capire quello che gli altri non sanno.   Che ti fa vedere fino in fondo. E ti fa vedere lontano.

 

  1.   Pietà.       È come lo scudo, che ti difende da tutti i colpi.   Che ripara tutti i colpi.    È quello che ti difende il cuore.  Che ti fa usare il cuore.  Che ti fa amare Dio, con il cuore.

 

  1.  Timore di Dio.      È come il cavallo.    È il rispetto per il Signore,   che ti porta dove vuole lui.    È la dedizione,  la fedeltà al Signore,    che ti fa andare dove vuole lui.     Che ti porta a compiere la sua missione.     Che ti ha dato lui.

 

 

 

 

 La Cresima o Confermazione. Pdf.   ( Clicca sulla riga).

 

 

 

 

 

 

 

Unzione degli infermi

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L’ Unzione degli infermi.

 

 

L’Unzione degli infermi,    o unzione dei malati,    o estrema unzione,    è un sacramento.    

Non è il sacramento  della morte.     È il sacramento  della salute.  Della  guarigione,         e della salute,  dell’anima  e del cuore.

 

 

 

A chi si dà?

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A coloro  che sono   in pericolo di morte,    o cominciano ad essere in pericolo di morte.

Non stare  lì, ad aspettare che muore.   Non stare con le mani in mano.      La cosa più importante, la puoi fare.    La cosa che conta di più,  gliela puoi dare.        Il  Paradiso.

 

 

Chi lo fa?

Prade Annibale - Copia

 

 Il sacerdote.  Solo lui.      Perché  rappresenta Gesù,  che si prende cura dei  malati.   Che è venuto  a guarire   i malati,   e a liberare dal male,  dal dolore, e  dalla morte.  

Gesù,    ti da lo Spirito Santo.

 

 

 

 

Cosa fa?

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Unzione,    con  l’ olio  crismale,   è l’olio  consacrato,   in cui Dio ha effuso  lo  Spirito Santo.  È lo Spirito Santo,  la medicina.                        

È lo Spirito di Dio che viene,  e tocca quel corpo,  e tocca quel dolore.      E tocca l’anima ferita.    E la pulisce,   la ripulisce,  la guarisce.   E l’anima non è più malata.   E anche  il cuore, sta meglio.    E anche la paura,  si calma.    E anche  l’angoscia  svanisce.

 E anche il corpo,  riconosce il suo Dio.     E può placarsi anche il dolore.    E, a volte,   anche la malattia.

 

 

Come si fa?

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Sacra unzione.                                                                                                                                                                   Con l’olio santo,   il sacerdote    unge la fronte e le mani.         La fronte,  simbolo di quello che è stato pensato,                    e le mani,   simbolo di quello     che è stato fatto.

 

Imposizione delle mani.

Come faceva Gesù.    Mette le mani sul capo del malato.   Quelle mani consacrate, riempite di Spirito Santo,    impongono,   pongono sopra a quel capo,   lo Spirito Santo.       E lo Spirito Santo scende su quel capo.

 

 

E  lo Spirito di  Dio  si incontra con quella persona,    nella sua profondità, nella sua totalità.    E porta quella croce personale,  dentro la croce di Gesù.     Quella croce,  diventa parte della croce di Gesù.

Ora quel malato non è più solo.      Fa parte del Figlio di Dio.   Il suo dolore,  fa  parte del dolore  del Figlio di Dio.      Della sua missione.     E della sua resurrezione.

 

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Se  muore con lui,   risorge con lui.        E sarà con lui per sempre,   in  Paradiso.             Lì,  lo puoi ritrovare.           Lì,  lo puoi riabbracciare.   Con l’anima.

E alla fine dei tempi,      anche con il corpo.

 

 

 

 

Unzione degli infermi. In pdf.      ( In Pdf, per aprire clicca sulla riga) 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Progetto Oratorio

Proposta di Progetto educativo dell’Oratorio  parrocchiale

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Premessa.

La parola oratorio viene dal latino “orare” che significa pregare. Inizia nel 1550 con San Filippo Neri con la finalità di creare una comunità di religiosi e laici uniti nella carità e nell’amore, come gli apostoli e a questo venivano educati i ragazzi. Nel 1800 Santa Maddalena di Canossa istituisce case per le ragazze di strada per istruirle alla religione e alla professione. Nel 1840 Don Bosco fonda gli oratori per educare la gioventù povera e abbandonata, istruendola nella religione e nella professione, con la finalità di far diventare il ragazzo un onesto cittadino nella società, un bravo cristiano nella chiesa e un fortunato abitante del cielo.

 

Contenuto.

L’oratorio non è un “Centro di aggregazione giovanile” o un “Ricreatorio” o uno “Spassatorio”; si differenzia da questi per la qualità, per la sua natura. L’oratorio è un luogo di formazione umana e cristiana. È il posto dove il bambino impara a conoscere se stesso attraverso gli altri, dove le proprie potenzialità e energie vengono fuori, vengono e-ducate (tirate fuori), dove scopre la propria missione umana. Ma anche il posto dove impara a mettersi in contatto con il divino, con il trascendente, dove  impara a dare del tu al Signore, ad entrare in relazione con lui, dove impara la fede.

L’oratorio non è solo un luogo fisico. E’  uno spazio emotivo ed educativo. L’oratorio è nel cuore di chi accoglie il bambino o il ragazzo, è negli occhi di chi lo guarda con gli occhi di Dio, è nell’anima di chi si prende cura di lui e si apre a lui. Se il bambino trova un posto così, può aprirsi veramente, può sentire una relazione nuova, una famiglia nuova, una casa nuova, un posto diverso dove le cose che contano sono nella profondità del  cuore.

 

Finalità.

Lo scopo ultimo a cui tende l’oratorio è  l’“educare alla vita e alla fede”. Il ragazzo quindi non è un oggetto, uno strumento per fini sociali, culturali o economici. È lui stesso il fine, è la sua formazione vista nella sua globalità e interezza. Formazione del corpo, della mente, delle relazioni sociali, ma anche dello spirito. In pratica il bambino è aiutato a crescere, a far venir fuori le sue vere potenzialità, le sue capacità che sono nel suo DNA psichico e che gli sono state date per raggiungere la sua missione nel mondo e nel disegno di Dio. L’oratorio quindi ha il compito di  e-ducare, ( dal latino: ex = fuori e ducere = portare)  di portare fuori quello che è già dentro il bambino, come un seme, e di creare le condizioni per farlo crescere in tutte le sue parti.

Ma  il motore principale della vita vera, nella gioia vera e della relazione vera, è  nel crescere anche nella fede, nel rapporto con chi lo ha creato, con chi lo ama di un amore infinito, con chi lo ha pensato, voluto e amato fin dalla creazione del mondo, con chi ha predisposto per lui un disegno di salvezza, con Dio Padre. Senza questo motore principale la formazione umana non è completa, perde di energia, di gioia, di tensione, di senso.

 

Metodo

Per attuare la formazione alla vita e alla fede è necessario stabilire i cardini, i riferimenti centrali a cui rifarsi e in cui ritrovarsi. I puntelli che permettono di capirsi e che segnano lo stile dello stare insieme. Sono come gli indicatori della strada, i segnali stradali, il modo di relazionarsi, il modo di sentirsi, di ascoltarsi, di viversi. Questi segnali vanno spiegati bene ragazzi, devono essere esposti in modo visibile e colorato  sempre,  per poter essere assimilati e vissuti.

 

 

Cardini per la formazione alla vita

Accoglienza.

Essere aperti. Tutti devono essere aperti all’altro. Ognuno deve accogliere l’altro come un amico. Ancora di più come un fratello della stessa famiglia, della stessa casa.

 

Amicizia.

 L’amicizia è lo stile della relazione positiva. L’amicizia è fiducia, è stima, è affetto. La stima va data sempre e comunque anche se l’altro non è simpatico. Bisogna diventare amici della parte dell’altro che è buona, che ha sofferto, che ha paura, che è triste e si sente abbandonata. Quella parte ha bisogno di affetto, di cure e di attenzione e solo così si apre.

 

Verità.

La sincerità fa parte dell’amicizia. L’amico non dice il falso. La menzogna è il tradimento dell’altro, è la mancanza di fiducia, è un negare l’altro e considerarlo nemico. È un far fuori l’altro dalla propria vita. È egoismo e chiusura e distrugge la relazione.

 

Semplicità e umiltà.

L’amicizia vera si basa sulla semplicità. Sono le cose semplici piccole e umili che ci fanno diventare simpatici e fortificano il rapporto vero. Le parti umili, difettose, povere, semplici, ci fanno sentire veramente veri. Nasconderle con l’onnipotenza, la grandiosità, il dover essere per forza i primi, i migliori, i più forti, quelli che non sbagliano mai e ottengono tutto a qualunque costo, ci fa diventare finti, falsi e lontani da quello che siamo veramente. È un andare sulla strada sbagliata, è cercare qualcosa che non fa parte della nostra vita e ci fa stare male e ci leva la luce e la gioia dentro.

 

Fedeltà.

L’amico è fedele. Il patto di affetto, di stima, di fiducia, conta di più della propria convenienza. Rimanere fedeli significa imparare a stare dentro una scelta, dentro a un ideale, dentro i confini che abbiamo scelto. Significa essere fedeli a se stessi prima di tutto. Significa avere stima per sè, coraggio, lealtà ed essere fondati, radicati in qualcosa di stabile e di solido. Significa essere uomini veri.

 

Condivisione.

Quello che abbiamo non ci è stato dato per tenerlo rinchiuso dentro di noi. Ogni tesoro prezioso che abbiamo trovato nel nostro cuore, ogni capacità che c’è stata donata (talenti) va con-divisa, messa in relazione con gli altri, va fatta partecipare agli altri. Se la capacità viene messa nella relazione con gli altri, non solo non viene persa, ma si consolida, cresce e si fortifica, si cesella.

 

Unità.

Tutti siamo figli dello stesso Padre nei cieli, che ci ama tutti nello stesso modo. Nessuno quindi può essere escluso, o evitato, o rifiutato per nessuna ragione. Siamo tutti una stessa famiglia nell’oratorio. Come i moschettieri  o i cavalieri della tavola rotonda, ci aiutiamoli e ci difendiamo. “Tutti per uno e uno per tutti”. Siamo una unità con una identità precisa e andiamo tutti verso la stessa meta che è il Padre.

 

Servizio.

Uniti come figli dello stesso Padre, come una nuova famiglia che si fa sentire e vedere anche all’esterno, nella comunità parrocchiale e nella società. Essere per gli altri, significa servizio, missione. Questo è il test di verifica del funzionamento dell’oratorio, quando esce allo scoperto, quando si fa sentire, quando viene fuori e diventa segno, testimonianza, missione.

Servizio per la Chiesa, collaborando con la comunità parrocchiale nell’animazione della Messa e nelle iniziative pastorali. Servizio per la comunità sociale dove si vive. I ragazzi possono inventare ed attivare iniziative a favore dei più deboli, dei piccoli, dei poveri,  dei bisognosi, degli abbandonati del paese.

 

 

Cardini per la formazione alla fede. 

Gesù Modello e Maestro.

Se manca questo riferimento anche la formazione umana diventa arida e svuotata. Gesù è il cardine principale di tutta la formazione integrale. È Lui il Modello a cui rifarsi, è Lui il vero Animatore, l’Educatore. È Lui l’indicatore della strada maestra personale e del gruppo. Per sapere come  fare, come risolvere problemi, dove andare, che senso dare alle cose, bisogna domandarsi: ” cosa ha detto Gesù su questa cosa? Come si comporterebbe lui? Che mi consiglierebbe se fosse qui?” Gesù come Modello significa imparare a pensare come Lui, ad essere come Lui. Essere così fa diventare speciali tutte le nostre relazioni, la vita diventa bella, gioiosa e la pesantezza della fatica e del dolore trova un significato.

È lui il vero Maestro, Colui che sa guidarci perché  ci conosce in profondità,, ci accoglie e ci accompagna in ogni momento. È lui il vero Educatore, quello che c’insegna il metodo che funziona di sicuro, è lui il Metodo stesso. Il modo con cui stava con gli altri, quello a cui dava importanza, quello che insegnava. È Lui che ci spiega quello che conta e quello che non conta, quello che ci dà la gioia o ce la leva. È Lui che ci dà lo Spirito Santo che illumina la strada e ci porta al Padre. È Lui che ci fa entrare nella dimensione nuova del Regno di Dio, che ci fa stare bene in questa vita, ma che ci fa diventare anche fortunati cittadini del cielo per l’eternità.

 

Primato di Dio Padre.

La coscienza di essere stati creati tutti da un unico Dio, di essere stati pensati e amati prima della creazione del mondo, di essere accuditi da Lui in ogni momento della nostra vita, ci conferma che  veniamo da Lui, apparteniamo a Lui. Il sentimento di appartenere a qualcosa di più grande di noi, a qualcosa da cui siamo stati generati, ci permette di vedere la vita in un modo nuovo e dalla visuale giusta. Ci permette di capirla e di viverla in modo vero e pieno. Ci permette di sentire Dio come Padre vero, Padre originario, Padre primario. Se mettiamo al  primo posto il Padre, tutto il resto acquista un valore diverso, tutto torna al suo posto, tutto può trovare un senso. Al Padre si riferiva sempre Gesù, all’Amore di Lui per noi, fino a darci un’elezione di figli adottivi. Se seguiamo Gesù come modello, arriviamo al Padre chi è la nostra origine e la nostra meta.

 

Modalità operative.

In un progetto educativo è fondamentale individuare le scelte prioritarie operative su cui ruotano tutte le decisioni e poi individuare l’organizzazione.

 

La centralità della persona.

Al centro di ogni iniziativa o decisione deve esserci il bambino o il ragazzo come persona nella sua interezza. Questo significa che  il cuore dell’oratorio è il bambino con i suoi bisogni, difficoltà, ma anche con le sue capacità di iniziativa e di responsabilità. Al centro quindi non devono esserci  le  idee, le aspettative e i bisogni degli adulti

 

Il bambino protagonista.

Per poter  e-ducare ( tirar fuori) le potenzialità del bambino è importante impostare l’azione educativa coinvolgendo sempre il bambino nelle scelte. Ogni singola attività, deve sempre essere pensata e organizzata insieme al bambino, con il suo coinvolgimento, con il suo contributo. L’attività precostituita, già impostata, prefabbricata, per quanto bella, interessante, semplice, non sarà mai un’attività del bambino e per il bambino, perché lui non c’è dentro, non è stato considerato capace di pensarla, non c’è come  protagonista, non c’è  il suo pensiero, il suo cuore e la sua anima e quella cosa non è sua.  Si sente solo un esecutore, un oggetto, uno strumento.

i bambini spesso si adattano in modo automatico a tutto ciò che è già preparato e prefabbricato perché sono abituati dalla tv e dai giochi della PlayStation, ma è come se in fondo si sentissero di nuovo rifiutati, negati nella loro capacità di produrre. Far uscire fuori la loro capacità creativa, far sentire quell’attività (anche semplice, anche piccola) sua, venuta da lui, con la sua orma, con il suo spirito, la sua firma, è per lui come averla creata. Per lui è un sentire di essere capace di creare il mondo, sentire che dentro di lui c’è la possibilità di diventare soggetto attivo e protagonista delle cose e quindi anche della sua vita, di se stesso.

 

Ogni attività educativa ed efficace deve adattarsi all’ io, qui e ora.

  • Io.      Significa che l’attività deve essere in sintonia con quel particolare bambino o ragazzo. Ogni bambino è unico, originale e irripetibile, ogni bambino ha una sua storia particolare, un suo modo di sentire specifico. È con lui che bisogna fare i conti, è lui che bisogna ascoltare umilmente prima di decidere.
  • Qui.    Ogni situazione concreta è diversa a seconda del luogo perché ogni luogo è unico originale e irripetibile. In un paese una iniziativa può andare bene, in un altro no. Bisogna quindi adattarla a quel luogo.
  • Ora.   Ogni attività può andar bene in un momento della storia di quel posto e non andar bene in un altro momento. Quindi va pensata ogni volta in modo nuovo per renderla veramente efficace e viva.

 

Il bambino responsabile.

 Quando si è protagonisti si è anche responsabili. Significa che l’attività che è stata pensata deve essere attuata, concretizzata direttamente da chi la voluta. Direttamente significa che l’animatore non deve fare lui quello che potrebbero fare i ragazzi. In questo modo attiva le risorse che ci sono in loro e li spinge a diventare protagonisti non solo nel pensiero ma anche nell’azione. L’animatore guida i ragazzi a rendere concreto quello che hanno pensato, li abitua a sforzarsi, li incoraggia, li incita, tifa per loro. Non si sostituisce mai a loro,  e fa spazio a quello che deve venire fuori da dentro. Quello che viene fuori non è solo un’attività, è una parte di loro, sono loro stessi che stanno nascendo a se stessi.

  

Strumenti operativi.

 Per favorire questo tipo di azione educativa, è necessario impostare una serie di strumenti che servono per attuarla. Vanno quindi organizzati dei laboratori, almeno tre o quattro. Il laboratorio del gioco, il laboratorio della fantasia (disegno, teatro ) il laboratorio della musica (ballo, canto, musica) il laboratorio del pensiero-studio e il laboratorio della spiritualità.

 

I  laboratori.

 Ogni bambino che entra nell’oratorio può scegliere in quale laboratorio entrare, secondo il suo bisogno di quel momento. In ogni laboratorio trova un animatore che lo guida nell’attività. Nessun bambino fa un’attività da solo, ma sempre in relazione con gli altri.

I bambini che entrano in un laboratorio formano un gruppo nuovo che si mette in circolo con le sedie con l’animatore o seduti per terra su un tappeto grande. Insieme decidono il contenuto, i modi, i tempi di quell’attività. Se non sono d’accordo, sta l’animatore trovare il modo di conciliare, ma ancor più di insegnare ai ragazzi a condividere le loro idee, a spiegarle agli altri, ad aprirsi a vedute diverse. Se alla fine non si trova l’accordo, si fa a maggioranza e il gruppo deve rispettare l’esito. Dopo si attua quello che si è deciso e i ragazzi fanno  quello che hanno pensato, dal mettere a posto le sedie, alla realizzazione dell’attività. Il momento dell’organizzazione può richiedere mezz’ora o un’ora, non è tempo sprecato, è il momento più importante in cui tutti sono stati al centro della progettazione, protagonisti responsabili, registi, attori, sceneggiatori, critici e spettatori.

 

L’animatore.

L’animatore quindi ha la funzione di favorire una crescita, di promuovere la nascita di una parte nuova della persona.

È come il giardiniere che dà al fiore la luce, l’acqua e l’aria, ma sa che tutto quello che verrà fuori è già insito nel seme che sta germogliando e sa che tutto quello che cresce ha i suoi tempi, i suoi modi e le sue caratteristiche diverse dagli altri fiori.

L’animatore ha la funzione paterna: guida, incoraggia, spinge a fare da soli, a buttarsi, a credere in se, ad essere autonomi. Ma ha anche la  funzione materna di sostenere, di nutrire, di consolare, di contenere. Contenere è una funzione educativa indispensabile che significa con-tenere, tenere dentro, le ansie, le paure, le angosce, l’istinto, la aggressività. Significa com-prendere le angosce, cercare di capirle, cercare le cause insieme al bambino. Ma significa anche tenerle dentro un confine, dentro dei limiti.

Significa quindi anche autorevolezza, far sentire ai ragazzi che chi sta davanti a loro non è un servo, non è uno che assiste impotente, non è un oggetto, ma è un soggetto autorevole, è una guida sapiente, è un condottiero che sa farsi capire e non ha paura. E’ uno che crede veramente in loro e nella loro capacità di darsi un limite, una regola, di diventare responsabili e che, da bravo condottiero, la cerca insieme a loro. Le regole  dell’attività vanno decise in gruppo e vanno rispettate in modo preciso.

 

  1. Laboratorio del gioco.

In questo laboratorio è compreso tutto ciò che ha a che fare con il gioco, dal gioco all’aperto, (campetti) al gioco da tavolo (biliardini, ecc). È fondamentale che i bambini non si buttino sui giochi in modo istintivo, ma programmino insieme all’animatore quello che vogliono fare, con chi, i tempi e i modi. Nessun gioco deve essere fatto da soli e nessuno deve imporre il suo comando sugli altri. Non ci deve essere nessuna forma di sopraffazione sugli altri perché si va contro lo spirito dell’oratorio. L’animatore deve intervenire ogni volta che i bambini fanno prevalere il loro egoismo, gelosia, aggressività sull’altro. Deve intervenire e riportare i comportamenti ai cardini centrali dell’oratorio, per riportare così la persona anche al suo centro.

Se ci sono dei problemi invece di intervenire in modo severo, si possono attivare delle discussioni di gruppo per valutare quel fatto o quell’evento negativo. Pensare insieme, imparare a chiedersi il perché di quel gesto,  imparare a trovare una soluzione a quell’azione, insegna ai ragazzi che l’errore non deve essere solo giudicato, ma com-preso e visto in più angolazioni e alla fine aggiustato insieme. Il gruppo ha un potere curativo impressionante, ma insegna anche che ogni azione negativa deve fare i conti con l’altro, con chi la subisce, ma anche con chi assiste, perché tutti siamo nella stessa barca e tutti facciamo parte della stessa famiglia.

 

  1. Laboratorio della fantasia.

Il laboratorio della fantasia è necessario per attivare le capacità creative dei ragazzi. Disegnare, dipingere, modellare il das, inventare favole e storie fa uscire fuori le loro potenzialità, ma anche il loro modo di vedere, sentire il mondo, le loro paure, le loro angosce, le tensioni e conflitti. La creatività ha in sé anche la funzione di contenimento dell’angoscia e del conflitto. Il fatto di poterlo tirare fuori, esprimere, rappresentare a se stesso e agli altri, lo fa diventare meno forte e meno pericoloso. In pratica il fatto stesso di dare una forma, un colore, un’esistenza a qualcosa d’invisibile ed inconscio, permette di con-tenerlo, di tenerlo dentro, di poterlo gestire.

 

  1. Laboratorio della musica.

La musica,  la danza, il canto, hanno una capacità educativa e terapeutica naturale. Educano al ritmo, al dinamismo, al movimento. Il ritmo insegna a darsi dei tempi, degli spazi e la musica educa alla tonalità emotiva. Suonare, cantare e danzare creano unità tra la mente, lo spirito e il corpo, è lo strumento attraverso cui la mente e lo spirito usano il corpo per esprimere emozioni indefinite e profonde. Nello stesso tempo la musica riesce ad entrare attraverso il corpo e ad arrivare allo spirito. Fondamentale in questo laboratorio è l’inventare suoni, canzoni, balli sulla base delle proprie emozioni, sentimenti, difficoltà, suggestioni. L’ideale è esprimerli e viverli per poi riproporli in gruppo. Cantare ballare e suonare insieme in uno spettacolo, permette di esprimere le emozioni di un gruppo,  il modo di sentire dei giovani, per farli conoscere anche ai loro genitori e alla comunità.

 

  1. Laboratorio per studiare o per pensare. Cineforum.

Sarebbe importante dare uno spazio per lo studio, per chi non ne ha a casa. Poter studiare in modo autonomo non significa ripetizioni o sostegno allo studio. È solo un posto dove qualcuno può dare un aiuto a un altro più piccolo o essere modello per gli altri.

Questo luogo può anche diventare un posto per pensare,  dove poter portare problemi che sono sorti. Un posto dove si può riflettere su quello che è successo, dove si può com-prendere, e trovare insieme una soluzione una risposta. In queste occasioni  si può fare riferimento a Gesù come modello: “che dice Gesù su questo? Che farebbe se fosse qui? Come la penserebbe?”.

Questo laboratorio può diventare anche il posto dove si pensa attraverso le immagini: foto e film. Se si proietta un film è importante discutere insieme, trovare il contenuto, il perché, il significato e la morale.

 

  1. Laboratorio spirituale.

Questo laboratorio è importante per imparare a conoscere Gesù e il Padre. È un posto dove poter pensare anche alla propria missione nel mondo e nella Chiesa e al servizio che si potrebbe dare alla comunità parrocchiale. Potrebbe essere un posto fisico o anche emotivo. Un sacerdote o un laico deputato alla formazione spirituale potrebbe  essere presente tra i ragazzi perché rappresenta Gesù in modo più forte,  rappresenta il suo Amore per noi e ricorda la finalità spirituale. 

 

FORMAZIONE DEI GENITORI

Il laboratorio del pensiero potrebbe essere un metodo adatto anche per  la formazione dei genitori dei bambini dell’oratorio. Un posto di riflessione autogestita, dove ci si confronta, si scambiano le esperienze e si trovano delle soluzioni in gruppo. I cineforum possono servire anche a questo.

 

Strumenti concreti. Materiale.

Sarebbe fondamentale dotarsi di:

  • Colori, pennarelli, pennelli, tempera e acquarello, fogli da disegno, pacchetti di Das.
  • tappeto di plastica grande per sedersi per terra.
  • Strumenti per suonare, riproduttori, CD.
  • Materiale di gioco da tavolo del tipo nuovo, Hotel,  Scotland Yard, Cruciverba,  con i quali si può giocare in

gruppo da tre a sei persone.

  • Dama, scacchi, dama cinese, cruciverba, quotidiani, giornalini, fumetti.
  • DVD per il cinema.
  • Armadio dove poter riporre tutto il materiale, una volta usato, con serratura.

 

Cartelloni da  attaccare  nelle stanze:

Cardini formazione alla vita

 

  • Accoglienza              Essere aperti a..
  • Amicizia                   Essere con …
  • Verità.                      Essere sinceri…
  • Semplicità e umiltà.   Essere veri..
  • Fedeltà.                    Essere sempre..
  • Condivisione             Essere insieme…
  • Unità                        Essere tutti…
  • Servizio                    Essere per…

 

 

Immagini:

Cardini     ( Clicca sopra  alla parola e si apre l’immagine in  pdf). 

Laboratori      ( Clicca sopra alla parola e si apre l’immagine in  pdf).